L’UOMO DI GRANO

(I pensieri che seguono sono liberamente tratti da uno scritto di Eduardo Galeano).

Un paese latinoamericano, l’Ecuador, ha elaborato una nuova costituzione, nella quale si apre la possibilità di riconoscere, per la prima volta nella storia universale, i diritti della natura.

In una certa misura, si potrebbe dire, i diritti umani comprendono la natura; però essa sa bene che perfino le migliori leggi umane la trattano come oggetto di proprietà, e mai come soggetto di diritto.

Suona strano, non è vero? Il fatto che la natura abbia dei diritti. E’ una pazzìa, come se la natura fosse una persona. Nel 1886 la Corte Suprema degli Stati Uniti, il modello della giustizia universale, estese i diritti umani alle corporazioni private. La legge riconobbe loro gli stessi diritti delle persone, come se le imprese respirarssero. Sono passati più di centovent’anni e continua ad essere così. E nessuno ci fa caso.

In Ecuador si propone che lo Stato riconosca e garantisca il diritto a mantenere e rigenerare i cicli vitali naturali. La natura, che ci genera, ci alimenta e protegge, ha vita e valori propri, che vanno al di là di noi.

Da che la spada e a croce sbarcarono sulle terre americane, la conquista europea ha punito l’adorazione della natura come un peccato di idolatrìa, con la frusta, la forca, il fuoco.

La comunione tra la natura e la gente, abitudine pagana, fu abolita in nome di Dio e poi in nome della Civiltà.

In tutta l’America e nel mondo continuiamo a pagare le conseguenze di questo divorzio obbligatorio.

L’UOMO DI GRANO

L’uomo, fatto di grano, fa il grano.

L’uomo, creato dalla sostanza e dai colori del grano, scava una culla per il grano, lo ricopre di terra fertile, lo libera dalle erbacce, lo innaffia e gli sussurra parole d’amore.

Quando il grano è cresciuto, l’uomo di grano lo macina sulla pietra, lo innalza, lo onora, lo cosegna all’amore del fuoco e se lo mangia, affinchè il grano continui nell’uomo a camminare sulla terrra senza morire.

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